Il ritrovamento
Alle falde del Monte Massico sorge una piccola ed industriosa cittadina chiamata Carano. Frazione di Sessa Aurunca, città d’arte poco ricordata ma con significativi cenni storici databili forse prima di Roma e Capua. Nella città regna un sentimento religioso molto forte soprattutto dal quel lontano anno 1032, data del ritrovamento dell’Effige della Madonna a opera di una piccola pastorella, sorda e muta. La piccina come tutte le mattine si recava con le sue bestiole al pascolo, in una zona poco distante dalle mura cittadine, ma quella mattina la pastorella avvertì qualcosa di speciale nell’aria. Allontanatasi di circa 300-400 metri percepiva una melodia dolcissima e soave, la quale trascinava lei ed il suo piccolo gregge verso una zona chiamata poi Valle dei Santi. La fanciulla non si rendeva conto di quello che stava accadendo quella mattina, ma si lasciava guidare da una musica celestiale che ben presto la portò vicino ad un groviglio di spine e di rovi intrecciati. Cercò di aprirsi un passaggio ed ella si fermò arrivata al centro di un varco. Intravide una luce divina dentro una piccola capannuola, tutta illuminata e splendente, più bella di quella del sole, con il cuore pieno di felicità penso :” E’ LUCE DI PARADISO”. Le piccole bestiole quasi si inginocchiarono a tanta bellezza e lei incantata fece lo stesso subito dopo. Rimase li tutto il giorno, a pregare ed a gustarsi quella dolce melodia e quella luce che la invadeva tutta. Non accortasi che era già tarda sera, con un balzo radunò il piccolo gregge e via di corsa verso casa, pensando ha cosa le avrebbe detto la mamma per essere ritornata cosi tardi. La mamma sgridò la piccina che con il suo fare balbuziente diceva: “SI….GNORA..BE….LLA”, con gli occhi rivolti verso il cielo. La mamma non volle credere a cosa diceva la figlia anche se predisposta al Signore, ma si rese conto che qualcosa era successo in quella giornata dell’undici del mese di febbraio, quando munse le pecorelle. Le piccole bestiole diedero una enorme quantità di latte come non si era visto mai. La pastorella trascorse una notte irrequieta pensando e ripensando cosa era successo in quella giornata cosi strana.
Il secondo giorno
Appena giorno radunò il gregge per portarle di nuovo al pascolo e come per incanto l’udito percepiva sempre una melodia soave. Arrivò cosi alla capannuola, scoperta il giorno precedente. Segui la luce celeste e circondata da una bellissima aureola vide il volto Santo di Maria e spontaneamente le ginocchia le si piegarono. Rimase li a pregare e rapita ormai dall’estasi non s’accorse dell’ora tarda. Incamminatasi verso casa pensava a cosa la mamma le avrebbe detto anche questa volta, ma lei fiduciosa rientrò. La mamma rimproverò la fanciulla, la quale oramai guidata dal Cielo non dava segni di sconforto. Munte le bestiole, diedero più latte del giorno precedente, la mamma non capiva cosa stava davvero succedendo.
Il terzo giorno
La pastorella ansiosa di uscire al più presto radunò il gregge e di corsa si recò nel luogo per lei incantato, sempre accompagnata dalla soave melodia. La madre accortasi di tutto ciò, ovvero della fretta della fanciulla di uscire, le raccomandò anche in quella giornata di non fare tardi. La pastorella passò tutto il giorno nel suo luogo magico pregando e riempiendosi il cuore della dolce Signora ovvero l’Immacolata Regina la quale la attendeva. La madre della piccina, usci per chiedere a qualche vicina se per caso avevano visto sua figlia, visto che ormai era molto tardi. Tutti gli dicevano che avevano visto le pecorelle ma lei no. Ritornata a casa la scena non fu diversa dai due giorni precedenti ma la fanciulla oramai non si curava affatto della mamma, visto che la Madonna infondeva nel suo cuore l’unico desiderio di uscire subito da casa.
Il quarto giorno
La madre della pastorella vide la figlia troppo ansiosa di uscire e dopo che la piccolina fu al pascolo con le bestiole, anche insospettita da quei comportamenti cosi strani, usci. Domandò ad alcune persone se avevano vista la figlia, tutti risposerò di no. Allora lei si mise ad urlare a squarciagola, incurante che la figlia era sorda e muta, ma la pastorella miracolosamente udì e si raccomandò molto alla Santa Immagine. La muta immagine parlò alla bambina :<< Figlia mia >>, le disse :<< non avere paura di cosa hai visto e udito riferisci pure a tua madre tutto ciò >>. La pastorella usci dal quel posto incantato e si mostrò alla madre che preoccupata, da dove l’aveva vista uscire, la rimproverò e si incamminò lei verso quel luogo. La madre era preoccupata che la piccina non fosse incorsa in qualche guaio. La pastorella miracolosamente parlò e disse :<< Vieni, mamma, e vedi! >>. La madre fu presa da angosciata e sgomento perché non si rendeva conto di quanto era accaduto a sua figlia, ma subito dopo gli si riempì il cuore gioia per l’accaduto. In quel momento la fanciulla si rivolse alla madre per farle vedere la bellissima Immagine della Madonna, circondata da lembi di luce dorata. La mamma vedeva la Santa Immagine, ma non la luce e non udiva nemmeno la soave armonia celeste. La pastorella da quel giorno poté sentire e parlare, la madre oramai si fidava di tutto quello che la piccinina le raccontava. Il piccolo gregge anche in quella giornata cosi straordinaria diede moltissimo latte, molto di più dei giorni precedenti.
Il quinto giorno
La pastorella usci di casa senza più il timore e i rimproveri della madre, giunta al suo posto di quiete vide ancora la bellissima Immagine della Madonna, sempre circondata dalla sua luce e musica divina. L’Immagine parlò alla fanciulla e disse :<<Figlia mia, chiama tua madre e , insieme andate dal Parroco, e ditegli che è mio desiderio che, in questo posto si eriga una chiesa e vi si porga questa mia immagine>>. La fanciulla tutta presa dal messaggio della Sacra Immagine corse subito a casa per riferire tutto alla madre.
La pastorella sordomuta parlò e udì
La piccina parlò al Parroco insieme alla madre di tutto ciò che aveva visto e sentito. Il Parroco conosceva bene la pastorella fin dalla nascita e sapeva benissimo dei suoi problemi. Fino a qualche giorno prima la bambina parlava con lui a gesti, ma adesso ha perfette capacità loquaci e uditive. Raccontò della dolce visione e della dolce melodia che l’avvolgeva tutta e del desiderio della Santa Immagine. Il Parroco di fronte ad un miracolo cosi evidente e grande non poté dire niente alla fanciulla vista la sua semplicità. Segui la madre e la piccina in quel luogo e con meraviglia vide la bellissima Immagine. La notizia in brevissimo tempo fece il giro di tutta la piccola cittadina. Tutto il popolo si recò in gran fretta presso quel luogo per ammirare la Sacra Effige e del miracolo che Lei aveva operato alla piccola pastorella. Il parroco durante la funzione rese pubblica l’intenzione della Sacra Immagine e questa notizia fu prese con grande entusiasmo da tutto il popolo carenese. La notizia usci ben presto fuori dalle mura cittadine e in breve tempo raggiunse i paesi limitrofi, tutto questo portò tante persone a visitare il Sacro luogo dell’apparizione e del miracolo compiuto alla pastorella. Questo fu il primo miracolo, e l’inizio di tanti altri che verranno attribuiti alla Vergine Santissima. Alla Sacra Immagine venne dato il titolo di Vergine Santissima della Libera. Questo primo miracolo fu il germe fecondissimo che penetrò l’anima e quasi il sangue di tutti i caranesi. Questo germe di devozione si sviluppò sempre di più fino a diventare un albero di purissima fede. Oggi questo sangue e fede viene trasmesso ai figli dei caranesi che dovunque si trovino non possono non sentire la nostalgia della cara Madonna sotto il titolo della Libera.
Sul luogo dell’apparizione
Nel luogo dove fu ritrovata la Sacra Immagine , venne tutto ripulito da sterpaglie e alberi. Il lavoro più delicato fu quello di segare accuratamente il masso con la Sacra Effige, il tutto custodito con grande cura per esaudire il Suo desiderio. Tutto il popolo partecipava alla costruzione della Chiesa voluta dall’Immagine. Col permesso del Vescovo Mons. Benedetto I, che era stato eletto proprio in quell’anno da Papa Giovanni XIX e consacrato da Atenulfo, Arcivescovo di Capua, in poco tempo fu preparato tutto il materiale per la costruzione della Chiesa. Con grande entusiasmo ed immensa fede iniziarono i lavori e tutto il popolo partecipava come meglio poteva per manifestare l’amore nella Madre di Dio. In questo Tempio di fede troneggiava la Santissima Immagine della Madonna detta della Libera. Non si hanno date di quanto sia stata terminata ma sicuramente nell’anno 1032. Questa chiesa per quel tempo era relativamente grande visto che il paese contava solo poche famiglie e venne utilizzata fino all’anno 1656. La Sacra Effige venne trasferita nella nuova chiesa molto più grande e capiente. Dal 1693 fu proibito celebrare messe nella prima chiesa perché il luogo era diventato indecente. Mons. Macedonio nel 1719-20 dichiarò questo luogo profano, la vecchia chiesa venne demolita e col permesso dei Superiori i materiali venduti. Con il ricavato venne abbellita la nuova chiesa attuale.
La Chiesa nuova
Nella seconda metà del 1600, si senti il desiderio di edificare una nuova Chiesa al centro del paese, tutto questo perché la vecchia era distante e i ladri si facevano avanti in razzie quando i fedeli erano raccolti in preghiera. Cosi durante l’anno 1649 incominciarono i preparativi per la costruzione. All’inizio del 1650 i lavori iniziarono sotto la guida di Mons. Gherardino della Rosa dei nobili di Siena e del Parroco D. Antonio Verrengia, terminata sei anni dopo e benedetta dallo stesso Mons. Gherardino. Dove è stata edificata la Chiesa prima vi era un bellissimo giardino al centro del paese, con un gelso bianco altissimo. Una volta abbattuto fu impiegato per la costruzione della Mensa dell’Altare. La Chiesa dal 1656 fu due volte rinnovata ed ampliata, inizialmente vi erano soltanto quattro altari ma successivamente ne vennero costruiti altri. Nel 1752 a cura di D. Giuseppe Verrengia, fece costruire una piattaforma per l’organo donato dal Comune di Sessa Aurunca il quale apparteneva alla chiesa di S. Agostino. L’altare di S. Stanislao, Santo Patrono dei giovani, venne costruito verso la metà del 1800.
L’immagine nella nuova Chiesa
Per i moltissimi miracoli e grazie perpetrate dalla Vergine Madre di Dio, il popolo volle trasportare l’immagine nella nuova Chiesa. Come si è detto il masso dov’era la Sacra l’Effige venne segato e con cura riposta in una cassa di legno ed adagiata su dei materassi e trasportata nella Sua nuova dimora. La mattina seguente il Parroco D. Antonio Verrengia entrato in Chiesa per celebrare la Santa Messa, si accorse che mancava l’effige della Madonna sul masso. Chiamò a raccolta i fedeli per portarli al corrente dell’accaduto. Tutti si preoccuparono a tutto ciò, la chiesa era chiusa, e soltanto lui aveva le chiavi, ed il masso era troppo pesante per essere trasportato. Allora tutto il popolo si recò presso la Chiesa vecchia e miracolosamente li trovarono il masso con su disegnata la Santa Immagine. A questo evento cosi straordinario furono tutti commossi, ma il pensiero della popolazione era che alla Madre di Dio forse non gradiva stare nella Chiesa nuova costruita nell’abitato con tanto sacrificio e fede. Tutti pregavano, piangevano e facevano penitenze a tutto ciò, ed si preoccupavano perché la chiesa vecchia non era ben tenuta. Il popolo si riunì e riportarono la Sacra Effige nella Chiesa nuova. La mattina seguente si ripresentò la stessa scena di qualche giorno prima, il masso col su raffigurata la Madre di Dio era sparita di nuovo. Tutti si recarono alla Chiesa vecchia e li trovarono il masso con la Sacra Effige. Il popolo ed il Parroco non spiegandosi tutto ciò interpellarono il Sommo Pontefice Alessandro VII su quello che stava accadendo e per illuminare il popolo su cosa fare. Il Sommo Pontefice rispose :<<Tutto il popolo faccia voto alla Madonna, sua Liberatrice, si trasporti il Santissimo Sacramento dalla vecchia alla nuova Chiesa, e con processione penitente e devota, trasportino di nuovo la Santa Immagine>>. Tutto il popolo fece il voto di cantare le litanie ogni sabato alla Madonna, e dopo molte preghiere il Parroco D. Antonio Verrengia, riunì altri sacerdoti e tutta la popolazione il giorno 11 del mese di febbraio del 1656, con una grandissima processione espiatoria, trasportarono l’immagine della Madonna ed il Santissimo Sacramento nella nuova Chiesa. La mattina seguente, all’apertura della Chiesa trovarono la Sacra Effige dove fu adagiata. La madre di Dio non voleva stare lontano dal Figlio Sacramentato. La Santa Immagine fu posizionata al centro dell’Altare Maggiore, tutta ornata di stucchi con oro e con un vetro intelaiato con legno indorato e per protezione un piccolo cristallo. Successivamente venne tutto smontato e l’Effige rialzata più in altro in modo che fosse più visibile a tutti. Gli Economi della Venerabile Cappella Maria Santissima della Libera e le genti di quel tempo si recarono a Roma per far trasportare la festa dall’undici febbraio, mese freddo e piovoso ma soprattutto festivo solo per il popolo caranese, alla prima Domenica del mese di Maggio. Difatti, essendo in piena primavera e giorno festivo per tutti, i sacerdoti e i fedeli dei paesi vicini potevano accorre numerosi ad onorare con la massima solennità la Madre di Dio. Dal 1711 non fu più festeggiata la Madonna l’undici di Febbraio, ma la prima domenica di Maggio, anche se ancor oggi il giorno del ritrovamento viene ricordato con grande partecipazione e devozione da tutto il popolo, il quale continua ha ricevere grazie. Fino al 1723 tutti i festeggiamenti in onore alla Madonna venivano effettuati nella Chiesa, ma l’anno dopo per omaggiare di più la solennità dell’evento fecero fare da un grandissimo artista di quel tempo, discepolo del Bernini, una statua lignea dall’artista Iacopo Colombo. Essa ha la posizione delle mani come il quadro miracoloso ma non la rassomiglianza. Il costo della Statua, comprensive delle spese di trasporto furono di cento ducati.
La solenne incoronazione
Al ritorno della prima guerra mondiale i caranesi tornati sani e salvi dai campi di battaglia e dalle varie trincee, parlano vagamente dell’Incoronazione della Immagine della Madonna. Questo desiderio era voluto fortemente da tutta la popolazione. Gli anni trascorrevano, cosi pure i festeggiamenti alla Madonna, ma tutti si rendevano conto che alla Santa Protettrice mancava qualcosa, qualcosa di molto importante che ne esaltasse ancor di più l’immagine. I fedeli, ad ogni anno che passava aumentavano sempre di più, tutti ringraziavano la Madonna per le grazie e i miracoli ricevuti e sempre di più si dava forza al titolo di Madonna della Libera. Sul capo della Santa, si vi era una corona, ma d’argento anche se di grande valore storico ed artistico. Molte volte si era sentito dire dai sacerdoti che le opere in onore alla Madonna si potevano sempre attuare, ma per volere tutto ciò occorreva molta fede, preghiera continua e soprattutto tanto sacrificio. Con questo stimolo ogni caranese apriva il suo cuore ad una grande speranza e tutti dicevano, :<< Come sarebbe bello vedere la nostra dolce Madonna con un Diadema d’oro sul Capo! >>. Allo scoppio della seconda guerra mondiale molti vennero chiamati alle armi, ed il desiderio che si voleva realizzare venne soltanto accantonato. Tutti i caranesi impegnati sui campi di battaglia si affidavano alla loro Madre Celeste ed il pensiero comune a tutti era soltanto uno, :<< se facciamo ritorno alle nostre dimore ci dobbiamo attivare ancora di più per realizzare quel qualcosa per omaggiare la Nostra Protettrice >>. Tutto il popolo era commosso per le tante lacrime versate da mamme e spose per i loro cari finalmente ritornati a casa e tutti sempre ripetevano:<< dobbiamo agire affinché la nostra Madre Celeste venga Incoronata con un diadema d’oro, perché Ella ha asciugato tante lacrime e confortati tanti cuori >>. Al termine della seconda guerra mondiale tutto lasciava ben sperare per il desiderio che tutto il popolo voleva attuare, ma una persona in particolare si distingueva, colui che per tanti anni aveva mantenuta viva la tradizione della festa alla Santa Protettrice ed era il Prof. Antonio Verrengia. Il Prof. Verrengia, parlava sempre dell’incoronazione anche durante la prima guerra mondiale ma allora non poté attuare questo desiderio. Nel 1934 venne realizzata un’altra opera grandiosa, l’apertura di via al Santuario, a cura del parroco Don Saverio Di Tramontano, del Prof. Verrengia ed atre persone lustri della cittadina. La pentecoste dell’anno 1953 segnò la prima data per l’opera grandiosa che si voleva attuare e venne nominata una commissione di diciotto persone, decise a sobbarcarsi ogni sacrificio e difficoltà. In quell’anno tutti si impegnarono con grande dedizione per un unico scopo, ed alla fine dello stesso anno si fu pronti per andare al cospetto di Monsignor Gaetano De Cicco, Vescovo di Sessa Aurunca, guidati da Sacerdote D. Pasquale di Buono, Economo della parrocchia di Carano e Rettore del Santuario, per esporgli il desiderio vivo di tutto il popolo caranese. Sua Eccellenza guardò uno ad uno tutti i componenti della commissione e col cuore pieno di gioia e con le lacrime agli occhi disse :<< ebbene, io vi guiderò personalmente in tutto>>. Il Sacerdote D. Pasquale Di Buono il 4 Gennaio scrisse la petizione e il 5 la inoltrò al Capitolo Vaticano organo a cui compete il privilegio Pontificio per l’Incoronazione delle Sante Immagini. In breve termine, alla richiesta fatta, arrivò il parere favorevole e tutti furono entusiasti. Per la preparazione della Corona i consigli su come fare e come muoversi furono affidati a Mons. Gaetano De Cicco, egli stesso consiglio di fare una Corona d’oro come quella d’argento già donata alla Madonna per grazia ricevuta dal RE di Napoli nel 1858, nel quale vi era la scritta :<<Dono delle Loro Maestà il Re e la Regina>>……. ………La preparazione della Corona venne affidata al miglior orafo di Napoli, Comm. Renato Ventrella. L’oro impiegato fu donato in parte dalla popolazione, in parte perso dal tesoro della Madonna, in parte comprato dal Comitato dell’Incoronazione, ed anche l’artigiano orafo diede la sua parte, donando duecento grammi d’oro fino. Alla presenza del Vescovo De Cicco, del Parroco Don Francesco di Gennaro, tutto il Comitato, la popolazione di Carano e genti dei paesi vicini fu portata una forgia dall’orafo e fu liquefatto tutto l’oro, formando tre lingotti dal peso complessivo di due chili e trecento grammi. Alla fine del mese di aprile la Corona era pronta. Ormai era tutto pronto per la Solenne Incoronazione e per la Novena e del Panegirico in onore alla Madonna venne incaricato Padre Michelangelo Mezzacapo, per la solenne funzione il Parroco Di Gennaro preparò con il popolo gli inni e compose la musica ufficiale dell’Incoronazione con le parole del Prof. Antonio Pacino. Dell’Incoronazione della Madonna si parlava anche alla radio la quale annunziava che il 2 Maggio si sarebbe svolta una funzione importantissima per tutta la comunità Caranese ma anche per tutti i paesi limitrofi, difatti oltre alla radio la notizia venne anche ufficializzata da molti giornali campani con bellissimi articoli sulla Solenne Incoronazione. Il Capitolo Vaticano aveva dato mandato al Vescovo della Diocesi Mons. Gaetano De Cicco, di compiere il rito personalmente o per mezzo di un altro. Ma l’evento era di cosi grande importanza che il Parroco ed il Comitato pregarono Sua Ecc. Mons. De Cicco perché concedesse a Carano il grande onore di ricevere un Principe di Santa Romana Chiesa per compiere il Solenne Rito. Il Vescovo diede esito favorevole ed egli stesso si attivò per rendere fattibile il desiderio di tutti, difatti fu invitato il Cardinale Marcello Mimmi, Arcivescovo di Napoli. Il giorno fatidico era ormai giunto, la data del 2 Maggio del 1954 è scolpita nei cuori di tutti i Caranesi. Tutti si davano un gran da fare per far riuscire al meglio il Lieto Evento. Padre Michelangelo Mezzacapo, insieme al Parroco ed al Comitato seguivano a vicenda i preparativi. Già ai primi albori le genti dei paesi vicini facevano calca verso il Santuario della Madonna della Libera e si intonavano canti dolcissimi ispirati alla Madre Celeste. Tutti ponevano ai piedi di Maria le loro grazie ricevute ed altri confidavano in uno sguardo della Vergine affinché alleviasse le loro pene o per essere liberati dallo sconforto. Durante la mattinata ci furono un susseguirsi di S. Messe e molte persone si accostarono alla S. Comunione. Molte persone confidavano nell’aiuto della Madre Celeste, difatti due mamme in quella giornata non si allontanarono mai dalla Chiesa. Piangevano e pregavano mostrando alla Madonna i loro pargoli uno poliomielitico e l’altro sordomuto. Intanto i pullman arrivavano in continuazione dalle province di: Napoli, Caserta, Benevento e Latina, per portare il loro carico di pellegrini per assistere all’Incoronazione di Maria, il Santuario ormai era gremito ed ogni uno confidava nello sguardo materno della Vergine, per avere una grazia cosi tanto attesa. Nel primo pomeriggio, verso le ore 15:00 tutte le massime Autorità Civili e Militari erano giunte per dar luogo al Solenne Evento.
Delle Autorità Civili si ricordano: S.E. Giovanni Leone Presidente della Camera S.E. Giacinto Bosco Ministro di Grazia e Giustizia On. Prof. Pietro Lombardi Senatore della Repubblica On. Vittoria Titomanlio Deputato al Parlamento On. Dott. Luigi De Michele Deputato al Parlamento S.E. Il Prefetto della Provincia di Caserta Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Per le Autorità Militari: Il Comandante delle Truppe Corazzate di Caserta, Il Comandante Gruppo Carabinieri di Caserta, Tenente Colonnello Francesco Acanfora. Molte atre personalità Civile e Militari giunsero più tardi. Alle 15:30 arrivarono le Autorità Religiose delle Diocesi vicine: S.E. Mons. Gaetano De Cicco, Vescovo di Sessa Aurunca S.E. Mons. Salvatore Beccarini, Arcivescovo di Capua S.E. Mons. Lorenzo Gargiulo, Arcivescovo Coadiutore di Gaeta S.E. Mons. Antonio Teutonico, Vescovo di Aversa S.E. Mons. Giocoso Palombella, Vescovo di Calvi e Teano.
Alle 15:45 giunse da Napoli il Cardinale Marcello Mimmi, accolto con scroscianti ed infiniti applausi da tutta la folla che si era radunata su tutto il viale, sul campo circostante e sul palco dove doveva svolgersi la Solenne Incoronazione.
Verso il Santuario
Sua Eccellenza il Cardinale Mimmi e tutta la popolazione si incamminò verso il Santuario per prelevare la bellissima Statua raffigurate il quadro della Madonna della Libera. Arrivati in Chiesa il Cardinale fece visita al Santissimo Sacramento e successivamente la Statua venne portata fuori dal Santuario senza la Corona d’argento. I fedeli avevano tutti gli occhi lacrimanti ed erano particolarmente commossi per la grande cerimonia che da li a poco si fosse officiata. Tutto si svolse in un rigoroso silenzio e partecipazione religiosa e quanto sul capo della Madonna venne posta la Corona D’Oro dall’Eminentissimo Officiante, partì un applauso cosi forte e scrosciante che durò tantissimo. Il Parroco Michelangelo incitava tutti a dire: Evviva Maria! Subito dopo tutto il popolo presente intonava il canto a Lei dedicato :< Salve, Regina Fulgida >. I raggi del sole che si rifrangevano sulla Corona D’Oro della Vergine Maria, creavano riflessi di mille colori e in una commozione cosi grande, S.E. il Cardinale Mimmi esortò il popolo caranese ad offrire un’altra corona al S. Rosario. Sua Eccellenza Mons. Gaetano De Cicco, Vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca ed il Prof. Antonio Verrengia, presidente del comitato festeggiamenti, sono stati strumenti nelle mani di Dio, affinché a Carano piccolo paese, si mostrasse tanti secoli fa la forza di Maria, mostrandosi ad una pastorella. Un ricordo particolare va al Prof. Verrengia Antonio che dopo il suo encomiabile discorso per l’occasione fu abbracciato dal Cardinale Mimmi che gli disse: :<< Bravo Professore Verrengia, avete parlato con il cuore >>.
Due trionfi di Maria operati il giorno dopo l’incoronazione
La Vergine Maria volle mostrarsi in tutta la sua forza il giorno dopo l’Incoronazione. Le due mamme di cui abbiamo parlato prima con i due bambini uno poliomielitico e l’altro sordomuto si recarono al Santuario per chiedere la grazia alla Beata Vergine. Verso le ore 9 del mattino del 3 Maggio il Santuario era gremitissimo di pellegrini recatosi a Carano da ogni paese e tutti aspettavano l’ora della solenne Processione, la donna con il bambino sordomuto a voce alta mostrando suo figlio alla Beata Vergine disse:<< Madonna della Libera, Tu porti la Corona di Regina, mostra la tua potenza dando la parola al mio bambino >>. La Madonna confortò il cuore infranto di quella povera madre donando la parola a suo figlio. Alla scena era presente uno dei componenti del Comitato, il Prof. Antonio Pacino Fusco, il quale commosso da tutto ciò scappò via in lacrime nel vedere e sentire il piccolo pargolo invocare la Madonna della Libera. L’altra donna mostrava suo figlio poliomielitico alla Madonna e piangendo le diceva :<< Madonna della Libera, che debbo fare con questo mio figlio poliomielitico?, O lo guarisci o portatelo in Paradiso >>. La Madonna donò a quella povera donna affranta suo figlio completamente sano. La Vergine Santissima mostrava cosi la sua Regalità e il suo gradimento per la Corona che tutto il popolo di Carano aveva deposta sul Capo della Gloriosa Regina.
La cappella a Valle dei Santi
L’Incoronazione fu il massimo atto di omaggio e di amore che tutto il popolo di Carano volle dimostrare alla Madre Celeste, ma in memoria dei lontani anni in cui la Vergine apparve all’umile pastorella sorda e muta, ed ebbero inizio i suoi trionfi era bene costruire, per non dimenticare, una piccola Cappella in ricordo di quell’evento cosi straordinario, l’apparizione. Il Comitato per i festeggiamenti dell’anno 1962, realizzò una piccola Cappella, piccola di mole ma di grande anzi grandissimo significato per tutto il popolo caranese e per i pellegrini che ogni anno vi si recano, perché il Santuario Maria Santissima della Libera richiama sempre Valle dei Santi, luogo pieno di misticismo ma soprattutto luoghi prediletti da Maria.
Si ricordano con immenso piacere il Comitato per i festeggiamenti in onore alla Madonna della Libera per l’anno 1962.
Componenti: Giuseppe Santilli di Emilio, Di Lorenzo Romolo, Rea Pasquale, Verrengia Adelmo di Giuseppe, Marino Ludovico, Verrengia Giuseppe di Davide, Pollano Davide, Colantuono Mario, Di Pietro Giovanni, Varone Emilio.
Vada a questi cari figliuoli un sentito ringraziamento per l’opera realizzata e per tutti quanti hanno reso possibile la realizzazione di questa piccola ma grande opera in onore della Vergine Immacolata e con l’augurio che la Madonna benedica loro e tutto il popolo di Carano e a tutti coloro che a Lei si rivolgono negli anni.
Si riporta parte integrale dell’appendice del testo da cui è stato possibile realizzare questo sito
Secondo l’opinione di diversi cultori di arte, il quadro su pietra risale alla fine del settimo secolo. Chi volesse giudicare il quadro dalla veste d’argento e dall’aureola farebbe un grave errore, perché l’una e l’altra sono state aggiunte nel 1700. Della veste già abbiamo parlato. L’aureola e la collana sono doni che furono fatti nel decennio del 1700 da un signore di Pesaro, nipote di Papa Clemente XI. Quel signore aveva contratto matrimonio con una giovane di umile condizione, per cui i familiari lo esiliarono a Carano. Egli pregò tanto la Madonna della Libera che ottenne la grazia di essere di nuovo richiamato in seno alla famiglia con la sposa, e, per riconoscenza della grazia ricevuta fece quel dono alla Madonna. Di originale, del quadro, vediamo le mani, il collo e i lineamenti del volto. Ho detto i lineamenti e non il colore, perché verso il 1760 un sacrestano, togliendo la polvere dall’interno del quadro, fece togliere il colore, che era rosso, dal volto; ed è stato veramente un miracolo che sono rimasti i lineamenti.
“Non abbiate paura della bontà e neanche della tenerezza...”
Papa Francesco
Qualche elemento di topografia caranese fino al secolo XIX
I resti/frammenti romani, cui si è accennato, sono situati ai margini dell’attuale abitato di Carano; e probabilmente, fino al secolo X, l’attuale insediamento urbano non esisteva se non in piccoli agglomerati agresti, ancora oggi ben leggibili locativamente. Il tracciato più antico doveva partire dall’attuale Porta di Carano, incuneandosi, subito a destra, per Via Capo, dove l’elemento geometrizzante della pianta stradale permette di individuare un agglomerato umano che si affacciava sul torrente Carapiello, molto in basso rispetto alla strada…