Storia di un popolo e di un culto mariano.
A 7 km. da Sessa Aurunca, Carano è situata sulla stessa strada provinciale del Monte Massico, che unisce Piedimonte, Carano, Avezzano, Sorbello, rannodando, cosi, la via Appia alla Domiziana. A 63 mt sul livello del mare, pare che, anticamente, formasse un nucleo rurale nell’area della distrutta Vescia prima, e di Sinuessa dopo. Se ci si pone, infatti, dalla parte superiore di Sinuessa, precisamente nella vasta estensione, che confina con Sessa, ed è chiamata S. Maria della Piana, si osserva come questa comprenda, a sinistra, gli agglomerati urbani di Avezzano, Sorbello, Carano, Piedimonte, e a destra, lungo il corso del Garigliano, Cupa, Fasani, Aulpi e Corigliano: questi insediamenti rurali formavano i principali addentellati dello spazio vescivo e, proseguendo, a sinistra, verso la spiaggia, la distesa di Cellole, presso la foce del fiume, formava l’antica Sinope.
L’ubicazione di Vescia costituisce, ancora oggi, un dibattito aperto, almeno nei suoi dettagli. Comunemente essa viene eccepita sulla sinistra del Liri, tra il Mare ed il Monte Massico, rinchiusa entro l’ager di Sinuessa, Minturnae e Suessa: la città di Vescia, quindi, stendeva il suo pomerium entro il triangolo, ma non solo, formato dagli attuali insediamenti di Piedimonte Massicano, Cellole e Carano. E, dall’altra parte, non è fuori luogo, collegare il nome dell’antica Vescia, e soprattutto dell’ager Vescinus, agli etimi Vescie, Vesche, o Veschettelle che, ancora oggi, conserva la contrada, non lungi da Cellole, sulle rive sinistre del Liri, dalla quale frequentemente avanzi archeologici affiorano nella limitrofa località di Derola (urbs diruta), compresa nel perimetro del descritto triangolo, e propriamente lungo il lato Carano-Cellole; località, che nel suo nome stresso, ha conservato il ricordo di un antico centro abitato e da tempo distrutto(diruta), i cui ruderi, molto appariscenti e non certo scarsi, dovettero suggerire il toponimo di Derola alla fantasia dei popoli, che ivi continuarono ad abitare durante il Medioevo. Carano, dunque, sembra essere sorta nello spazio delle rovine di Vescia, come accennano vari storici, interessati alla toponomastica viatia lungo l’Appia antica. Il Pratilli, infatti, scrive:<< A sinistra della medesima via esser dovette la città di Vescia presso il Monte Massico, dal lato di Aurunca…….verso settentrione, nel qual sito sono al presente i villaggi di Carano, di Piedimonte, ed altri attinenti alla città di Sessa…….>>.
Tale stato ubicazionale rivive in uno scritto del secolo XVII, posto sotto un’immagine di Maria Santissima della Libera dove Carano è ricordato come <<antico villaggio vescino di Sessa Aurunca>>. Tale appartenenza propenderebbe per una colonia greca, o di estrazione orientale, stabilitasi qui in epoca preromana: di qui anche una supposta origine del toponimo Carano. Il Diamare cosi argomenta:<< Ma perché questo villaggio è chiamato Carano? Ecco un assai difficile quesito, e vi rispondiamo in breve: che, o si riguardi questo nome come proprio o come comune, sempre è di origine greca e bene appropriato. Come nome proprio, lo troviamo portato dal primo re di Macedonia, Càrano, che partito da Argo, città greca, fondò il regno di Macedonia, come tutti gli storici affermano. Riguardandolo, poi, come nome comune, bene si appropria del detto villaggio, perché la voce greca Kàranos, come nota l’illustre Giuseppe Muller nel suo dizionario greco-italiano, significa capo, superiore. E noi abbiamo nei fatti che presso l’attuale porta di Carano vi è la via detta capo. Ed il Fontanella, nel suo vocabolario graco-italiano registra la voce Kara, che pur significa capo, vertice.
Perciò concludiamo che Carano, sorto dalle rovine della città greca, abbia ritenuto il nome del primo re di Macedonia, o il nome indicante capo, superiore, perché veramente per la sua situazione e numero e grado degli abitanti mostrasi superiore agli altri villaggi vicini >>.Da queste testimonianze, sfumate tra leggenda e storia, Carano si presenta come l’agglomerato urbano più significativo dell’ambito sessano, le cui origini artigliano richiami greci, anche perché poco lontano sorgeva la colonia di Sinope, detta poi dai romani Sinuessa;mentre per altri autori, il che sembra più probabile, esso sarebbe stato un insediamento all’interno delle rovine di Vescia. Carani si denominavano anche gli abitanti di uno dei tre rioni, in cui si articolava Casanova di Carinola; e, poco lontano, a Ventaroli, nel 1683, cioè dopo la traslazione della Madonna di Carano, dalla vecchia alla nuova chiesa caranese, sorge il culto a Maria Santissima della Libera. Una coincidenza il patronimico Carani e il contemporaneo culto alla Madonna della Libera? Crediamo trattarsi di un travalico spirituale e sociale da una pendice all’altra del Monte Massico: da Carano a Casanova/Ventorali, come sembra confermare, in questi luoghi, la presenza, nel censimento del 1447 (. 151, v. nt. 16 ), di << Mattro Janne de Carano >>. Non crediamo, invece, debba collegarsi il patronimico Carani/o al mitico ricordo della saga Garano-Ercole, che compare in alcune monete dei vecchi Aurunci, di cui Suessa, nel sec. IV a.C., divenne il centro predominante: monete raffiguranti l’immagine dell’eroe solare in una delle sue dodici fatiche, dopo la sua identificazione con Garano. In conclusione possiamo ritenere: il toponimo Carano presenta sicuri richiamo greci, nel senso di agglomerato rurale emergente tre altri del circondario; la presenza in esso della contrada detta capo (Via Capo),che rappresenta anche un nucleo più antico, è la semplice traduzione del termine greco. A questa stessa Carano/Capo fecero riferimento, nel secolo XV-XVI, le migrazioni degli insediamenti di Derola, Verola, Terenzisi, come diremo indicano, nel riflusso stesso migratorio, un punto di difesa e un agglomerato emergente/capo per il numero degli abitanti e la qualità /grado stessi di costoro. Toponimi e riferimenti patronimici posteriori, come quelli indicati per Casanova di Carinola/Ventaroli, confermano questa interpretazione, escludendo, però, qualsiasi legame tra l’insediamento urbano di Carano e la saga mitica Garano-Ercole.
Le Testimonianze di epoca romana a Carano (II sec. a.C. – III sec. d.C.)
Alle sfumature attendibilità storiche con ambienti greco-orientali, seguono più chiare testimonianze di epoca romana, che aprono un discorso molto più articolato e situato sui primi insediamenti conosciuti in territorio caranese. Gli Aurunci erano stati sconfitti da Roma nella battaglia di Lautulae e le loro terre, saccheggiate, divennero, nel 314 a.C., ager populi romani. Su questo territorio, in relazione al progressivo estendersi del latifondo, a partire dal II secolo a.C., confermano l’insediamento umano di estrazione rurale. I resti più cospicui, di questi insediamenti, sono dislocati e campeggiano su tre fascie: a) sui declivi a monte del Garigliano, b) sulle colline retrostanti lo stesso fiume fino alla coincidenza con la provinciale Migliano-Sessa, c) sull’area Piedimonte-Carano ai piedi del Monte Massico. La tipologia degli insediamenti, dislocati sul territorio di Carano, è urbano-rustica, e quasi sempre accampata nelle prossimità di corsi d’acqua e torrenti, ruscellanti dal monte, molti dei quali oggi sono estinti. Senza entrare nel merito delle discutibili elementi scientifici (descrizione/interpretazioni), ne diamo qui sommarie indicazioni toponomastiche e cronologiche, rinviando per ulteriori dettagli agli studi del Prof. A.M. Villucci (nt.): —Masseria Vignola, lungo la strada del vicinale di ponterotto, tra Carano e Sorbello e il rio Fontanelle, con resti ascrivibili al I secolo d.C., probabilmente parte di un insediamento urbano-rustico. —Ponterotto, località posta tra Carano e Sorbellonei pressi del rio Ponterotto, sul retro della masseria del Sig. Stanislao Verrengia dove resti idrici e frammenti ceramici, anche di utilizzazione funeraria, ci riportano alla seconda metà del I secolo d.C., anche qui i resti fanno ipotizzare un insediamento villico, databile tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. —Masseria Caserine, a breve distanza dal rio Carapiello, sulla strda che da Carano scorre verso Piedimonte; qui murature romane richiamano una villa urbano-rustica, fiorente tra il secolo II a.C. e sicuramente attiva fino al II-III secolo d.C. Il rinvenimento, inoltre, in quest’ultima località, di frammenti di recipienti, a impasto grossolano << di cui un decorato con cordone plastico digitalato, colore rossastro, attestano la presenza dell’uomo a Caserine sin dalla protostoria con evidenti legami con la facies culturale del << ferro laziale >>. La ricognizione di strutture emergenti e frammenti di ceramica affioranti è ancora incompleta; ma per il nostro territorio << sembra poter ipotizzare che gli insediamenti rustici romani ….hanno una loro presumibile fase iniziale nel II secolo a.C., con un periodo di massima espansione compreso tra il I secolo a.C. e il III d.C. la presenza inoltre, un po’ dovunque di anfore, fa presupporre che la coltura della vite, dell’olivo fossero tra le attività preminenti degli abitanti del luogo…>>. Ancora oggi, in alcune case dei caranesi (es. Petruccelli in Via Capo), si conservano, non sappiamo da quali provenienze, resti di capitelli romano/medievali, qualche moneta rinvenuta sul luogo e, più spesso, vario ciottolame, come anche basamenti e travertini, di sicuro richiamo ai primi due secoli d.C. Altri elementi romani, databili al periodo tardo/repubblicano e al I secolo d.C., confermano un momento di notevole sviluppo socio-economico per le sparse villae in territorio caranese. Anche qui’ li presentiamo rapidamente: Parte superiore di statua virile barbata (Poseidon?), databile al periodo tardo-ellenistico o, al massimo primo-imperiale. Fregio con ghirlanda, proveniente dalla Masseria Farco, rinvenuta durante lavori di aratura tra il 1935-36, opera di un artigiano locale, di età tardo-repubblicana. Rilievo con gladiatore, proveniente dalla stessa Masseria Farco (1935/36), ad opera di un artigiano locale, di età tardo-repubblicana o proto-imperiale, era una parte di monumento funerario.
Qualche elemento di topografia caranese fino al secolo XIX
I resti/frammenti romani, cui si è accennato, sono situati ai margini dell’attuale abitato di Carano; e probabilmente, fino al secolo X, l’attuale insediamento urbano non esisteva se non in piccoli agglomerati agresti, ancora oggi ben leggibili locativamente. Il tracciato più antico doveva partire dall’attuale Porta di Carano, incuneandosi, subito a destra, per Via Capo, dove l’elemento geometrizzante della pianta stradale permette di individuare un agglomerato umano che si affacciava sul torrente Carapiello, molto in basso rispetto alla strada, e sconfinava nella campagna verso oriente, fino a fasciare gli strati attuali della zona Ponterotto. L’attigua Via Viozza, che inizialmente rappresentava la fascia sinistra di Via Capo, viene a conformarsi come strada autonoma con la costruzione del Santuario (sec. XVII) e le abitazione che successivamente lo hanno fasciato sia a destra che a sinistra, con irregolari protuberanze, del secolo XIX, rappresentate dall’iniziale angolo sinistro di via Capo e la restrizione, ben visibile, operata a sinistra del Santuario dal corridoio stradale oggi si denomina Via Maria Santissima della Libera. Un nucleo urbanistico, ma a partire dal secolo XV, può ravvisarsi in Via Castelluccio (= probabilmente luogo di rifugio durante le incursioni che venivano dal mare), con le relative adiacenze abitative si sinistra e destra, e qualche propaggine fino all’attuale sito delle scuole elementari: Carano, cosi, topograficamente appare come emergere dal un fossato, creato dal torrente Carapiello a sud/est e dai fossati idrici, nei pressi dell’attuale cimitero, dove esisteva testimonianza di culto petrino, con una cappellina dedicata a San Pietro Apostolo. Nella parte di Carano, che guarda verso le pendici del Monte Massico, si snodavano le mura/recinzioni o, forse meglio, ripari murari da smottamenti, per le numerose acque che scendevano dal monte. Le attuali arterie di Via Lata e Via Sorbo, sono legate alla sorgente del palazzo Falco (sec. XVIII: ubicazione non costruzione), fuori l’abitato antico, nei pressi di un arenario, che introduceva ad una cava di tasso (=pietra locale, dura e resistente), con il quale sono costruite due terzi delle case di Carano, almeno quelle fino al secolo XIX. In questo stesso secolo si pensava già alle spinte da dare allo spazio abitativo: ma solo agli inizi del nostro, per opera del sacerdote Don Saverio Tramontano, fù aperta l’attuale Via Santuario, parallelamente ad un luogo, sulla sinistra, che, per essere considerato periferia, era denominato ad oggi conosciuto con il toponimo di esilio. Su questo rettilineo, che ha aperto anche una discreta piazzetta dinanzi alla facciata del Santuario, si fiancheggiano le abitazioni moderne di Carano, fino all’attuale sviluppo in località Compra e sullo schienale che corre verso la Stazione ferroviaria dello Stato. Se originariamente Carano si è sviluppato piuttosto verso il Monte che verso il ,are lo si deve alle incursioni continue che venivano da esso: il piccolo, originario nucleo, che abbiamo indicato tra Porta di Carano, Via Capo fino a Ponterotto dovette costituire un aggregato rurale, forse di poco rilievo fino allo storico 1032, se nel medesimo anno la bolla di Atenulfo di Capua non se ne conosce il nome e non ancora si era diffusa la notizia dell’apparizione della Madonna a Valle de’ Santi. Dalla enumerazione dei fuochi (= nuclei familiari) di Sessa, eseguita per volere di Alfonzo I di Aragona nel 1447, si rileva che il casale di Carano (c. 150)comprendeva appena 19 famiglie, pari a circa 114 abitanti, computando 6 membri per ogni famiglia: ma era in piena efficienza i casali di Derola (19 famiglie), Quintola (104 famiglie), oggi del tutto estinti; e proprio nel secolo XV i loro abitanti passarono a popolare la zona più strettamente della di Carano, con uno sciamare pauroso e so spopolano anche i Casali di Centore e Terenzisi, per la loro prossimità al mare e il pericolo di continue incursioni dei turchi. Riteniamo che queste migrazioni di fuggiaschi, nei secoli XV-XVI, abbiano dato vita a quella topografia (Castelluccio e adiacenze), che si richiama appunto a questi secoli.
La Madonna di Carano e le origini del suo culto
La diocesi di Sessa accoglie nella sua devozione secolare alla Madre di Dio un cospicuo numero di immagini/icone, il cui stile orientaleggiante è stato, crediamo giustamente, relazionato ad una probabile diaspora di cristiani bizantini, in seguito ai noti provvedimenti iconoclasti dell’imperatore d’Oriente Leone il Siro o Isaurico (717-41). Ciò spiega il culto della Madonna di Costantinopoli a Cellole, peraltro, con diversi accenti, presente a Lauro, Santa Maria Valgono e in altre contrade; che seppure ammantato di fatti prodigiosi e incontrollabili storicamente, rappresenta se non la verità storica, almeno la storia di un popolo. Questi antichi culti in onore della Madonna Possono essere stati portati qui da cristiani in diaspora, provenienti dal mare o forse da Sinuessa, dopo la distruzione del V-VI secolo. A Carano, secondo l’opinione di diversi critici, l’effige della Madonna della Libera su pietra potrebbe risalire tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo, contemporaneamente alla diaspora dei cristiani orientali, dopo i provvedimenti dell’Isaurico; altri propendono per assegnarla ad un tardivo pittore campano del secolo XII-XIII, svuotando del contenuto storico anche l’apparizione del 1032. Noi propendiamo per la prima opinione, anche se i margini della discussione restano notevoli e di non facile pacificazione. Il culto della Madonna a Carano, quindi, comincerebbe con la celebre apparizione del 1032, ma ci porterebbe nel cuore del secolo VIII-IX, tre secoli prima che la Pastorella di Carano fosse testimone di questa potente ierofania mariana. I fatti sono noti e, a Carano, si tramandano da secolari generazioni, con una fede e una devozione, che sono esse stesse la storia di un prodigio!
“Non abbiate paura della bontà e neanche della tenerezza...”
Papa Francesco
Qualche elemento di topografia caranese fino al secolo XIX
I resti/frammenti romani, cui si è accennato, sono situati ai margini dell’attuale abitato di Carano; e probabilmente, fino al secolo X, l’attuale insediamento urbano non esisteva se non in piccoli agglomerati agresti, ancora oggi ben leggibili locativamente. Il tracciato più antico doveva partire dall’attuale Porta di Carano, incuneandosi, subito a destra, per Via Capo, dove l’elemento geometrizzante della pianta stradale permette di individuare un agglomerato umano che si affacciava sul torrente Carapiello, molto in basso rispetto alla strada…